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Primi incontri

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Ogni istante dei nostri incontri

lo festeggiavamo come un’epifania,

soli a questo mondo. Tu eri

più ardita e lieve di un’ala di uccello,

scendevi come una vertigine

saltando gli scalini, e mi conducevi

oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti

al di là dello specchio.

Quando giunse la notte mi fu fatta

la grazia, le porte dell’iconostasi

furono aperte, e nell’oscurità in cui luceva

e lenta si chinava la nudità

nel destarmi: “Tu sia benedetta”,

dissi, conscio di quanto irriverente fosse

la mia benedizione: tu dormivi,

e il lillà si tendeva dal tavolo

a sfiorarti con l’azzurro della galassia le palpebre,

e sfiorate dall’azzurro le palpebre

stavano quiete, e la mano era calda.

Nel cristallo pulsavano i fiumi,

fumigavano i monti, rilucevano i mari,

mentre assopita sul trono

tenevi in mano la sfera di cristallo,

e – Dio mio! – tu eri mia.

Ti destasti e cangiasti

il vocabolario quotidiano degli umani,

e i discorsi s’empirono veramente

di senso, e la parola tua svelò

il proprio nuovo significato: zar.

Alla luce tutto si trasfigurò, perfino

gli oggetti più semplici – il catino, la brocca – quando,

come a guardia, stava tra noi

l’acqua ghiacciata, a strati.

Fummo condotti chissà dove.

Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi,

città sorte per incantesimo,

la menta si stendeva da sé sotto i piedi,

e gli uccelli c’erano compagni di strada,

e i pesci risalivano il fiume,

e il cielo si schiudeva al nostro sguardo…

Quando il destino ci seguiva passo a passo,

come un pazzo con il rasoio in mano.

 

(Traduzione di Gario Zappi)

da “Poesie scelte”, Libri Scheiwiller, Milano, 1989

 

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